Vincent lo realizzò all’età di trent’anni quando tornò a vivere con i genitori nella canonica di Nuenen. Dopo un breve apprendistato nell’atelier di Anthon van Rappard, pittore dell’Accademia di Belle Arti di Bruxelles, Vincent ritorna dalla sua famiglia, nel presbiterio di Etten. Il padre era infatti impiegato come pastore protestante e celebrava le varie funzioni nella chiesa ritratta nel dipinto rubato. L’immagine che vediamo è la visione che Van Gogh aveva da casa sua. Proviamo ad immedesimarci nei suoi occhi. Dalla finestra di casa o dal cortile volge lo sguardo e vede questo paesaggio e sullo sfondo la chiesa. Il titolo parla di primavera…il periodo dell’anno che rappresenta la rinascita, la freschezza, la delicatezza. Osservate bene questo dipinto. Voi la trovate tutta sta primavera…?
I toni sono cupi. Il paesaggio non è esattamente un rigoglìo di fiori e colori. La chiesa sullo sfondo si erge austera, lugubre. Ed infine in primo piano una donna vestita a lutto. La gioia, la felicità proprio. E’ evidente che abbiamo, o almeno io di sicuro, un concetto di primavera molto diverso da quello di Van Gogh.
Cerchiamo di insieme quest’opera. Partiamo dalla donna ritratta. Dovrebbe essere la madre alla quale Van Gogh decise di donare il quadro a seguito della morte del padre. Lo stile è molto lontano dal Van Gogh che conosciamo tutti. Quello caratterizzato dalle pennellate corpose, da un cromatismo quasi violento, senza sfumature, con il colore puro messo sulla tela con forza e indomabile irrequietezza.
Il Giardino della canonica è antecedente a tutto ciò. Van Gogh non ha ancora conosciuto il gruppo degli impressionisti, incontro che lo porterà ad abbandonare i temi sociali che tanto gli stanno a cuore nel primo periodo della sua carriera, quello appunto in cui viene realizzato il dipinto che stiamo analizzando.
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